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Riforma pubblico impiego. Dal Ministero bozza di decreto: linea dura su assenteismo e inadempienza.

Dalle stanze del Ministero della Funzione Pubblica i tecnici del Ministro Madìa hanno approntato una bozza di quello che potrebbe essere il decreto di riordino (parziale) del pubblico impiego, passo indispensabile per poter procedere sul fronte del rinnovo della contrattazione.

il Ministro della PA Marianna Madìa

Dalle informazioni che trapelano pare che il Ministero abbia voluto calcare la mano contro il fenomeno dell’assenteismo, prevedendo una sorta di “responsabilità diffusa” che penalizzi tutti i dipendenti delle amministrazioni in cui si rilevino tassi anomali di assenteismo, attraverso una decurtazione generalizzata del salario accessorio. La direzione è quella di rendere tutti i dipendenti attenti alle furberie dei colleghi, attraverso il meccanismo della penalizzazione generalizzata, ed al tempo stesso di consentire a ciascuno di segnalare il verificarsi di situazioni sanzionabili.

Anche sul fronte dei licenziamenti lampo il Ministero mantiene la linea dura, confermando il “licenziamento facile” in situazioni di verificata inadempienza disciplinare o produttiva.

Fonte: Il Messaggero; 05/02/2017.

Sarà infatti possibile procedere al licenziamento dei dipendenti che: si assentino ingiustificatamente per 3 giorni nel biennio (o 7 negli ultimi 10 anni), che attestino falsamente la presenza in servizio (“Furbetti del cartellino”), che rifiutino ingiustificatamente il trasferimento per cause di servizio, che producano documenti falsi o dichiarazioni mendaci all’atto dell’assunzione o delle promozini, che pongano in essere atteggiamenti aggressivi, molesti, ingiuriosi reiterati sul posto di lavoro. Ma non solo: licenziamento disciplinare anche per condanne penali definitive che prevedano l’interdizione dai pubblici uffici, gravi e reiterate violazioni dei codici di comportamento, reiterate valutazioni negative delle performance del dipendente nell’ultimo triennio.

Ma anche per i dirigenti arriva la stretta del Ministero: potranno essere licenziati, infatti, i dirigenti che non raggiungano i risultati richiesti se nei due anni precedenti ci sono già state delle sanzioni al riguardo, oppure in caso di mancato esercizio della funzione disciplinare per colpa o dolo.

A controbilanciare la “facilità” di licenziamento la garanzia che, comunque, per i dipendenti pubblici rimane piena la tutela dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori in caso di illegittimità del licenziamento.

Mentre ancora non è delineata la strategia di superamento delle rigidità della Legge Brunetta per l’assegnazione dei premi di risultato in base al merito, anche se è assodato che si dovrà andare oltre il meccanismo previsto dall’allora ministro secondo cui il 50% delle risorse di produttività dovrebbero essere assegnate al 25% dei dipendenti più virtuosi, il rimanente 50% delle risorse al 50% dei dipendenti e nulla al 25% dei dipendenti meno “impegnati”. Un sistema troppo rigido e privo di indicazioni circa la valutazione del merito, poco adatto a un’equa distribuzione delle risorse e per questo ritenuto inadatto tanto dalle parti sociali quanto dallo stesso Ministero, che avrebbe manifestato l’intenzione, in ogni caso, di mantenere una premialità obbligatoria per le “eccellenze”.

Infine sciolta la riserva sulla vigenza del contratto attuale, che scadrebbe nel 2018 e non nel 2019. Un anno in meno di quanto ventilato, dunque, e quindi la possibilità di accedere pienamente all’aumento di 85 euro mensili medi lordi già dal prossimo anno. Ipotizzata inoltre una quota di circa 10 euro lordi mensili a titolo di arretrati per il 2016.

La bozza di decreto è al vaglio dei sindacati e di un gruppo di professori universitari al fine di raccoglierne opinioni e suggerimenti, per giungere con un testo quanto più condiviso alla Conferenza Stato Regioni di martedì prossimo.

 

Per approfondimento leggi Il Messaggero di Roma di oggi, 05 febbraio 2017, QUI