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Infermieri. Insufficienza respiratoria da Coronavirus ed Ecmo. Tutto quello che devi sapere

Infermieri. Insufficienza respiratoria da Coronavirus ed Ecmo. Tutto quello che devi sapere

La Redazione

di La Redazione
Pubblicato il: 17/03/2020 SU INFERMIERISTICAMENTE

di Simone Angeletti* e Matteo Rignanese*

CPSI presso Az. Osp. Univ. Osp. Riuniti di Ancona

 

Una delle complicanze ultime dell’infezione da COVID-19 è l’insufficienza respiratoria acuta grave da polmoniti, che prevede l’utilizzo della terapia ECMO.

 

 

INTRODUZIONE

L’ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxygenation) non rappresenta un approccio terapeutico, bensì un supporto vitale, infatti il suo ruolo è quello di mantenere a riposo il cuore e/o i polmoni in modo da favorire il loro recupero funzionale con l’utilizzo di un circuito extracorporeo, che però non risponde al trattamento medico e farmacologico convenzionale. Si tratta di una tecnica invasiva e complessa che può essere gravata da complicanze severe e pertanto richiede un’attività assistenziale intensa durante il decorso in unità di terapia intensiva.

 

UN PO DI STORIA

Tale tecnica ebbe uno sviluppo improvviso. Vengono riassunte le principali fasi:

  • Dal 1932 al 1952 si condussero i primi studi svolti da John Heysham sull utilizzo di una macchina cuore-polmone (nel 1952 si ebbe per la prima volta l’uso di tale macchina su un paziente). Successivamente nel 1972 venne effettuato il primo intervento di ECMO su un paziente adulto con la sopravvivenza dello stesso.

 

  • Nel 1975, per la prima volta, l’ECMO si applicò con successo in un paziente neonatale grazie al dottor Robert H. Bartlett. Nel 1989 nasce Extracorporeal Life Support Organization (ELSO) che archiviò tutti i casi di ECMO, facilitò la comunicazione tra i centri e l avanzamento della ricerca.

 

  • Nel 2009 a causa della pandemia portata dal virus A H1N1 si creò la prima rete di terapie intensive in cui la tecnica ECMO era già una realtà consolidata.

 

TIPOLOGIE

Esistono due tipi di base che sono descritti dal sito di drenaggio e dove ritorna il sangue:

 

  1. ECMO Veno-venosa
  • Il sangue deossigenato viene drenato dalla circolazione venosa nel circuito ECMO
  • Il sangue viene ossigenato tramite l’ossigenatore e viene riportato nell’atrio destro
  • Drena dalla vena maggiore e ritorna alla vena maggiore
  • Supporta solo i polmoni
  • Un’adeguata circolazione è fornita dalla gittata cardiaca nativa Veno-arteriosa

 

Coinvolge il sangue venoso dal paziente a cui si accede dalle grandi vene centrali (attraverso la “linea di accesso”) e restituito al sistema venoso vicino all’atrio destro (tramite la “linea di ritorno”) dopo che è passato attraverso un ossigenatore.

Fornisce supporto per grave insufficienza respiratoria quando non esiste alcuna disfunzione cardiaca maggiore. Migliora l’ossigenazione del paziente riducendo la quantità di sangue che passa attraverso il polmone senza essere ossigenato e inoltre rimuove la CO2 dal sangue del paziente.

 

  1. ECMO Veno-arterioso
  • Il sangue deossigenato viene drenato dalla circolazione venosa nel circuito ECMO
  • Attraversa l’ossigenatore e ritorna direttamente alla circolazione arteriosa
  • Drena dalla vena maggiore e ritorna all’arteria principale
  • Supporta cuore e polmoni

Coinvolge il sangue venoso dal paziente a cui si accede dalle grandi vene centrali e restituito a un’arteria principale dopo che è passato attraverso l’ossigenatore.

Fornisce supporto per grave insufficienza cardiaca, (di solito con insufficienza respiratoria associata), più comunemente dopo un intervento cardiaco.

Tutto lo scambio di gas viene consegnato direttamente alla circolazione arteriosa in modo da raggiungere livelli di PO2 400-500mmHg.

I malfunzionamenti del circuito ECMO comporteranno un arresto cardiaco poiché la portata ECMO è la gittata cardiaca dei pazienti.

L’ECMO V-A può essere applicato tramite cannulazione centrale o periferica. Se viene applicata la cannulazione periferica, qualsiasi uscita cardiaca nativa residua passa attraverso i polmoni. Se i polmoni sono affetti da malattia o la ventilazione meccanica è insufficiente, il sangue della gittata cardiaca residua rimarrà ipossico quando entra nella circolazione sistemica. Anatomicamente esiste un potenziale per questo sangue ipossico che verrà erogato alla testa, al collo e al braccio destro. Pertanto, qualsiasi paziente su ECMO V-A periferico deve avere misurazioni della saturazione di O2 sulla fronte o sulla mano destra.

 

 

 

RUOLO INFERMIERISTICCO

Il paziente con ECMO è un malato ad elevata complessità e criticità assistenziale, pertanto necessita di un’assistenza specialistica e multidisciplinare. Il personale infermieristico che si approccia ad un paziente con ECMO deve possedere un’elevata professionalità e competenza specialistica. La competenza infermieristica è alla base di una qualificata prestazione professionale.

 

  • Mappa delle competenze

Cliniche: specifiche per paziente critico ed instabile

Intellettive: coniugare analisi e sintesi

Operative: definire e programmare priorità, allocazione risorse, verifica dell’efficacia

Relazionali: trasversali al processo, orientamento, consulenza e tutorship.

Gestionali: gestione del lavoro in ogni sua forma

 

  • Assistenza Infermieristica specialistica

Monitoraggio parametri emodinamici e ventilatori

Monitoraggio diuresi e bilancio idrico

Monitoraggio dell’emogasanalisi

Monitoraggio sanguinamento e scoagulazione

Gestione linee di infusione e somministrazione farmacologica

Gestione linee monitoraggio della PA cruente

Corretto posizionamento e mobilizzazione

Controllo perfusione periferica

Controllo infezioni

Igiene personale

Gestione apparecchiature

 

RESPONSABILITA’

Le responsabilità infermieristiche sono della cura del paziente. La responsabilità della manutenzione tecnica del circuito ECMO spetta ai medici e tecnici perfusionisti.

 

CONCLUSIONE

L’assistenza al paziente con sistema ECMO richiede conoscenze specifiche come l’utilizzo di una modalità di ventilazione invasiva protettiva, una valutazione ecocardiografica mirata ad aspetti specifici, un monitoraggio strumentale e laboratoristico seriato. È necessaria quindi una gestione accurata da parte di personale adeguatamente formato.