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L. 104-92: novità importanti dalla Cassazione.

Gli abusi della L.104/92 restano punibili. Si chiarisce subito la conferma avuta da una recente sentenza della Cassazione, ma c’è una novità di rilievo che gli “ermellini” hanno evidenziato.

La L. 104/92 resta un cardine della normativa atta ad agevolare chi si trova in situazione di disabilità. Una normativa essenziale che sicuramente deve intendersi come “necessaria” per un paese civile.

Una legge che continuamente fa dibattere e spacca le opinioni di tutti. Punti di vista che ruotano vorticosamente intorno ad una normativa tanto utile, quanto esigua, quanto abusata. Un insieme di aspetti sempre difficili da separare.

Le forzature che spesso le persone fanno, usufruendo di permessi non dovuti, sono state motivo di attenzione dei giudici in molteplici occasioni. La direzione di rigorosa applicazione della normativa sembrava essere l’unica strada possibile ai tempi di oggi. Questa continua ricerca di tagli alle spese, non poteva esimere un particolare controllo per questo aspetto che diventa oneroso se si pensa a quanti giorni di permesso, l’INPS eroga per questo tipo di beneficio.

Poco prima di Natale 2016, la Cassazione si pronuncia ancora una volta sulla questione L. 104/92. Con la sentenza n. 54712/16 del 23.12.16., infatti, la Cassazione ha fatto venire meno l’obbligo di assistenza continua del lavoratore che usufruisce della 104.

Dalla sentenza si evince che il lavoratore non è più tenuto a spendere tutto il tempo della giornata con il familiare invalido o il portatore di handicap, ma può dedicarsi, per alcune ore, anche ad altre attività personali e ricreative.

Chiunque beneficia, dunque, dei tre giorni di permesso retribuito riconosciuti dalla Legge 104 del 1992 potrà dedicarsi, oltre che del familiare in condizioni svantaggiate, anche di se stesso, ritagliandosi diversi momenti della giornata da destinare alla propria vita privata e sociale. Pur riconoscendo la possibilità di assistere il disabile, in orari non necessariamente coincidenti all’orario di lavoro, gli ermellini sottolineano che in ogni caso l’assistenza al disabile va erogata. Di certo non avvalorano la tesi di potere andare in vacanza sfruttando i giorni di permesso.

Una sentenza, questa, che segna una svolta decisiva rispetto all’interpretazione rigida fatta in passato dalla stessa Corte, e che parte dall’esigenza di non dover far gravare sulle spalle del lavoratore – il quale già si trova in condizioni disagiate a causa dello status di disabilità del familiare – anche l’oppressione di una vita sociale e personale assente.

Una svolta interpretativa importante, ma che non vuole in alcun modo favorire comportamenti “furbetti” da parte di chi, a volte, trasforma un diritto di un disabile, in un comodo e illegale congedo del tutto “personale”.

 

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